Cruzeiro di Sul è un comune di ben 100.000 abitanti (anche se a prima
vista non si direbbe) situato a ovest dello stato dell’Acre, stato che confina
da una parte col Perù - a cui però non è collegato da alcuna strada –
dall’altra con la regione dell’Amazzonia con la quale condivide molti aspetti
naturalistici. Per i Brasiliani, l’Acre è una regione abbastanza sconosciuta,
se qualcuno ne parla è difficile riuscire a confermarne l’esistenza o a
definire esattamente dove si trovi: l’Acre esiste ma nessuno c’è mai stato.
Così mi racconta un ragazzo di Rio, entusiasta all’idea di poter finalmente
dire che lui è stato in questa remota regione del Brasile.
Il clima è decisamente equatoriale ed in questo periodo dell’anno - qui
è autunno - particolarmente umido e piovoso. Tutti i giorni di questa settimana
ha piovuto senza che mai si sia abbassata la temperatura di 30, 35 gradi (e con
l’umidità credo che quella percepita fosse decisamente maggiore). Non è stato
semplice. Si suda da fermi e si sentono le goccioline che scendono per tutto il
corpo, persino davanti agli occhi. L’arrivo della sera o un raro soffio di
vento son quanto di più rinfrescante ci possa essere dopo l’aria condizionata,
il cui uso spesso viene abusato. Forse è l’unico modo che i brasiliani hanno
per indossare un golfino.
Il primo impatto con questa cittadina non è stato semplice.
Architettonicamente non è molto bella, un ammasso di case e cose a cui non
riesco a dare molto senso se non quello dell’abbandono. Non è facile
ambientarsi, non è facile trovare un posto in cui mangiare bene, non è una
cittadina che ti fa venire voglia di esplorare e fare una passeggiata.
L’idea di un posto un po’ dimenticato ma soprattutto povero è sollecitata
persino dal supermercato. Credo che la presenza di prodotti di multinazionali
sugli scaffali dei supermercati – ad eccezione della coca-cola, unico prodotto
presente in qualsiasi posto io sia mai stata - sia indice della ricchezza,
intesa come capacità di acquisto di un paese.
In questo caso devo dire che di prodotti di “marche conosciute” ne ho
trovati ben pochi, soprattutto rispetto ad altri posti in cui sono stata e in
cui avrei immaginato una povertà maggiore (per fare un esempio, al supermercato
di Ashgabat, Turkmenistan gli scaffali strabordavano di prodotti di ogni tipo,
persino più ricercati come qualità particolari di pasta italiana). Insomma
dove ci sono certi prodotti è perché si vendono. Ed in un grande supermercato a
Cruzeiro do Sul di prodotti noti a noi occidentali ce n’erano ben pochi (che
forse è anche una fortuna per loro ma questo è un altro discorso). Una
postilla: tutte le mie parole van prese con cautela, è difficile giudicare un
posto in così pochi giorni, magari quello in cui andavo io era un discount del
luogo e a pochi passi di distanza c’era altro…ma dubito.
A questo primo impatto un po’ disorientante si è aggiunta ad un certo
punto la parola “traffico d’organi”. Pare che sia un grande problema del luogo, dove capita che scompaiano persone. Rimango a bocca aperta, penso di non aver
capito bene, ed invece pare sia proprio così. Inizio a interrogarmi su come sia
possibile. Penso un po’ alla richiesta occidentale di salute, di organi sani,
che si comprano a qualunque prezzo sul mercato nero, mercato nero che pesca in
un posto decisamente povero dove probabilmente se scompare una persona la notizia si ferma ad un
notiziario locale.
Quale luogo migliore di un posto abbastanza isolato e un po’
dimenticato – persino dagli stessi brasiliani pare - per una tratta tanto obbrobriosa
e disumana. Come è crudele e ingiusto questo nostro mondo umano.
Ci sono voluti alcuni giorni per capire e vedere veramente cosa c’è in
questa città e nei suoi dintorni.
Una mattina un collega brasiliano che è stato qua qualche giorno in più
di noi ed ha avuto modo di girare ci ha portati a fare un giro dicendo che qua
non c’è molto da vedere, la vera bellezza è nella natura, nei paesaggi, nel
cielo. Bisogna quindi esplorare queste cose ed allontanarsi (basta poco) dalla
vista della città per scoprire quelle che ora posso definire le meraviglie di
Cruzeiro do Sul e dell’Acre.
Dopo pochi passi lungo una strada semi-sterrata siamo arrivati sulla
riva del fiume color marrone che si vede dall’albergo. Lungo il fiume scorgo
un’intensa attività di mercato ma la prima cosa che facciamo è contrattare un
giro in piroga, barca tipica del luogo.
Salire in 5 su una piccola piroga a
motore è un’esperienza particolare, soprattutto per l’instabilità iniziale, per
la vicinanza con un’acqua che non è affatto limpida, anzi decisamente marrone e
l’idea di finirci dentro non è proprio esaltante. Si parte. In un canalino di
uscita dal porticciolo delle piroghe incrociamo altre piroghe in entrata il cui
motore passandoci di fianco ci schizza di acqua addosso. Superato il primo
impatto con l’acqua, il primo impaccio con la stabilità della piroga e un
carico di benzina in uno dei distributori più “tipici” che io abbia mai visto,
ci ritroviamo al centro del Rio Juruà sopra un minuscolo pezzo unico di legno
che ci fa galleggiare in 5 nell'immenso fiume marrone, mi sembra una magia
ed al tempo stesso una gran fortuna.
Ogni tanto fa persino paura sentirsi in balia di una corrente molto
forte su questa barchetta con un motorino che si sta sforzando al massimo per
noi cinque. L’acqua scorre ben vicina, basta, anzi, basterebbe allungare una
mano per toccarla.
Penso che questa sia una delle esperienze più belle che si possono fare
in questo posto. Cominciamo a vedere le rive di Cruzeiro do Sul dal Rio Juruà,
affluente del Rio delle Amazzoni.
Tantissime palafitte, alcune veramente fatiscenti, altre un po’ meno,
tanta povertà sicuramente ma anche tanti colori. Incrociamo persone, case,
pescherecci, pescatori….è difficile da descrivere, in quel momento mi sono
effettivamente lasciata andare – via le paure ma via anche i pensieri, troppi -
ed ho ammirato un paesaggio così lontano dalla frenesia delle nostre città e
delle nostre vite, così diverso e al tempo stesso così semplice, naturale.
Per
un po’ mi sono sentita una piccola grande esploratrice, proprio come in quei
racconti che leggi quando sei bimbo e ti fanno sviluppare la fantasia di
costruire capanne sugli alberi o in quei libri che leggi da adulto e ti fan
sognare una vita diversa in un posto diverso. Eccomi qua.
Aveva ragione il mio amico brasiliano, qua non c’è altro da fare e da
vedere se non la natura stessa ed un modo totalmente diverso dal nostro di
viverla.
Conclusa la gita in piroga facciamo una passeggiata per i colori, gli
odori ed i sapori dei mercati che scorrono lungo il fiume: pesci mai visti dai
baffi lunghissimi, frutta e verdura esotica e colorata, odori forti, mercanti
al lavoro, una sorridente signora che con un setaccio affina la farina di
manioca, mini-cucine e un solo tavolone diventano improvvisati ristoranti per
la gente del mercato.
Siamo molto osservati, non è comune vedere turisti da
queste parti, ma veniamo guardati in un modo semplice, di pura curiosità che
non mi mette in soggezione.
Splendido, finalmente ho visto quello che doveva esser visto di questo
posto. Pensavo fosse tutto e mi sbagliavo. Quanto può ingannare un primo
sguardo.
Nei giorni successivi per lavoro sono stata in un altro posto
meraviglioso: la foresta che si incrocia con il fiume, alberi e palme che
crescono nell’acqua creano un ‘ambiente naturale incredibile.
Ho lavorato anche con una piccola comunità di Indios, sempre sorridenti e disponibili. Tra i vari modi di sostentarsi fanno delle fantastiche corone di piume di pappagallo che avrei adorato comprare. Non l'ho fatto perché sono molto ingombranti e non avrei saputo come portarle, per fortuna direi, perché loro le vendono ma è proibito dalla legge federale esportarle fuori dallo stato, quindi in aeroporto vengono sequestrate, pare che sulle piume crescano dei parassiti.
Finito di lavorare mancano ancora due giorni alla partenza. Nonostante
la stanchezza riusciamo ad approfittarne per farci portare ancora in giro.
Siamo stati nella più grande fazenda (fattoria) del luogo. Chilometri e
chilometri di proprietà, con tori, bufale, agnelli e ancora civette, tucani e
coloratissimi pappagalli.
Proprietà attraversata da un fiume con alberi di
papaya e fiori colorati mai visti prima d’ora, il tutto contornato da questo
cielo brasiliano che ogni giorno, ogni ora, muta e regala paesaggi incredibili,
una meraviglia da rimanere a bocca aperta. Il proprietario di casa ci regala
una gustosissima grigliata, la carne viene da una di quelle bufale incrociate
sul percorso sterrato che ci ha condotto sino alla casa.
La natura è stata una grande scoperta, ma anche l’ospitalità ed i
sorrisi delle persone continuano ad esserlo ogni giorno. Nonostante le
difficoltà della lingua e la mia incapacità ad esprimermi, delle volte, di
fronte a facce interrogative – che non capiscono quello che tu domandi o vuoi
dire – basta veramente un semplice sorriso per rompere qualsiasi barriera. È
così facile e funziona, sempre.
Per concludere la settimana in Acre, domenica abbiamo fatto una gita
sul fiume, ospiti di una famiglia che durante la settimana vive nella città e
tutti i fine settimana li passa su un barcone di ferro galleggiante al centro
del fiume. Per salire sul barcone ci vengono a prendere con un motoscafo che
prima di approdare ci fa fare un giro sul fiume, inaspettato, divertente e un
po’ bagnato.
Sul barcone diverse famiglie passano la domenica tra grigliata, bagno
nel fiume, pesca e vista sulla foresta. Il paradiso dei bambini che si
arrampicano, si tuffano in acqua, fanno sci nautico facendosi trascinare su una
tavola dalla moto d’acqua, senza paure, senza freni e senza inibizioni. Nonostante
la pioggia tutto continua all’aria aperta, è come se la pioggia non ci fosse,
d’altronde il caldo rimane sempre lo stesso e la pioggia rinfresca un po’ la
pelle sudata.
Guardo con invidia quei bimbi scatenati. Vorrei lanciarmi ma confesso di
essere stata un po’ intimorita, non me la sentivo di fare il bagno in un fiume
marrone, pieno di foglie e rami secchi, pesci dai lunghi baffi, alligatori (che
non si vedono ma ci sono….). Per rompere il ghiaccio comincio a fare un giro in
moto d’acqua lungo il fiume nel mezzo della foresta, un’altra esperienza
indimenticabile che mi avvicina in qualche modo con la natura del luogo. Il
guidatore della moto mi chiede se voglio fare “sci nautico” sulla tavolozza, ma
non me la sento.
Rientro sul barcone e la paura è tanta ma non resisto, quando mi
ricapita di fare il bagno in un fiume nella foresta amazzonica…tutti che mi
rassicurano sulla corrente che è abbastanza forte, ma vai a spiegare che non ho
paura della corrente o di nuotare, io ho paura della flora e della fauna che
c’è nel fiume, quanto sono maledettamente cittadina. Rompo finalmente i miei
stupidi schemi mentali, un po’ col cuore in gola mi tuffo. L’acqua ha una
temperatura ideale e una corrente che porta via in un attimo, qualche
bracciata per avvicinarmi alla piattaforma ed esco fuori, felice e soddisfatta
per avercela fatta. Di lì a cinque minuti sono di nuovo in acqua, nuotando
verso un’altra piattaforma. Tuffi, apnea, un fiume misterioso, son bastati pochi minuti per
ambientarmi, anche in un’acqua marrone, con “cose” che ogni tanto ti toccano,
ma ci ho riso sopra perché alla fine stavo nuotando in un posto che probabilmente non rivedrò mai più.
Non potevo non farlo.
Rientro in albergo sotto una pioggia battente su un pullmino di
brasiliani ubriachi che cantano e urlano dalle risate. Non capisco quasi niente
di quello che dicono eppure faccio fatica a contenere le risate. Ora sono qui,
in attesa di lasciare questo posto, direzione Rio de Janeiro per una settimana
d vacanza prima di cominciare un nuovo lavoro. Il viaggiò sarà lungo, da
Cruzeiro do Sul a Rio Branco, capitale dell’Acre, poi domani da Rio Branco a
Brasilia e in serata, finalmente, da Brasilia a Rio de Janeiro.
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