Pronti partenza e via. Dopo quasi due mesi di attesa e problemi con il
visto lavorativo, si parte per il Brasile. Tanta inutile burocrazia per
ottenere un visto mi fa pensare sempre a quanto sarebbe bello un mondo senza
frontiere. Prima ancora di quelle burocratiche sono forse quelle mentali che dobbiamo
eliminare.
Comunque, preparo la valigia per tre mesi in Brasile in un giorno di
neve torinese e non è affatto facile pensare al clima caldo umido che mi
aspetta a Rio de Janeiro ma anche negli altri posti in cui andrò per lavoro: Corumbà - regione del Mato Groso du Sul, al confine con la Bolivia – Cruzeiro
do Sul - stato dell’Acre, al confine col Perù – Brasilia… Guardo un po’ su
internet per farmi un’idea, ma ancora non è facile sotto la neve pensare al
caldo e difatti, col senno di poi, nella mia valigia ci sono troppi inutili
maglioncini di mezza stagione e magliette a maniche lunghe che non userò mai e
che avrei dovuto/potuto rimpiazzare con vestiti estivi e leggeri, gli unici
che realmente utilizzerò.
Così come è stato difficile immaginare il meteo è stato difficile
immaginare Rio de Janeiro. Persino le foto che avevo visto, le letture, non
rendono bene l’idea, l’atmosfera di questo posto.
Dopo 12 scomodissime e
rumorosissime ore di viaggio in classe economy, durante le quali le mie gambe e
la mia schiena stavano per entrare in sciopero – la classe economy decisamente
non è pensata per chi è tanto alto – finalmente arrivo in Brasile.
Nell’ultima ora
di volo comincio ad intravedere dal finestrino la terra.
Vedo verde, tanto verde, di un verde diverso che ancora mancava alla
mia gamma dei verdi. Vedo colline e montagne ed il letto di un fiume ben
marrone che si snoda in ampie anse infilandosi tra questo verde non verde. Che
emozione. Dopo le prime tredici ore di volo della mia vita, arrivo - per la
prima volta nella mia vita - nel nuovo mondo.
Appena scendo dall’aereo la prima sensazione è di soffocare. Caldo sì,
ma soprattutto umidità, ci vuole un momento per abituarsi, poi la stagione di
pioggia, il cielo grigio, non aiutano.
Il tragitto dall’aeroporto all’albergo: una mezz’ora di attraversamento
della città in cui si afferma quella percezione di un verde diverso che si
declina nelle mille colorazioni di quella che per me è una vera e propria
giungla con piante ed alberi mai visti. Tragitto in cui ho pensato e ripensato
a tutte le cose che ho letto, sentito dire, visto, immaginato di Rio e cerco
con lo sguardo rivolto a tutto ciò che vedo, di ritrovarle al volo…cerco il
Cristo, ma la giornata nuvolosa non aiuta, cerco una montagna che assomigli ad
un panettone, il Pão de Açúcar, cerco di capire così a colpo d’occhio com’è
fatta questa città lagunare, con le montagne sul mare, cerco le favelas e
subito appena si esce dall’aeroporto c’è quella che mi dicono essere la più
grande di Rio, infine cerco il mare, l’Oceano e dopo un po’ arriva…
Andare in un posto per lavoro ti aiuta a fare e a vedere cose che per
vacanza non vedresti, ti aiuta a rapportarti alle persone ed alle situazioni di
un luogo in una maniera diversa. Il mio primo giorno ad esempio è iniziato con
pratiche burocratiche da risolvere che mi hanno immediatamente calato nel
quotidiano brasiliano. Subito ho notato l’incredibile gentilezza e
disponibilità un po’ di tutti, anche quando provi a parlare un improbabile
portoghese. Gentilezza, disponibilità da un lato e anche estrema lentezza, che
all’inizio, per noi, abituati ad uno stile di vita rapido e sempre di fretta, è
veramente difficile da accettare e da capire. Parlando anche un po’ con
brasiliani e non, ascoltando un po’ di storie mi è parso di intuire che qui le
persone vivono la vita in modi che forse noi d’oltreoceano non riusciamo bene
ad immaginare, così calati nella nostra fretta, nella nostra quotidianità,
nelle nostre preoccupazioni. Qui c’è molto meno pensiero per il futuro e si
vive molto di più il presente, questo mi è parso di capire e mi è piaciuto.
Viviamo la nostra vita continuamente protesi nella costruzione di un futuro, ci
parlano del futuro sin da quando siamo bambini, bisogna costruire il futuro e
ci ritroviamo da grandi con qualcosa che forse ci è sfuggito e con l’apprensione
per un futuro che non sembra essere mai come lo vorremmo. Pensare ad un mondo
che vive il presente senza troppo porsi il problema del futuro è rivoluzionario
e lascia spazio a miriadi di riflessioni, specialmente in questo momento
storico, politico e culturale che sta vivendo la vecchia Europa.
Paesaggisticamente Rio è incredibile, una laguna, con delle montagne
dalle forme più improbabili che spuntano dal mare, con una natura in parte
selvaggia, dai colori tropicali, dalla presenza maestosa ma in parte anche
addomesticata da grattacieli, da case colorate e da ammassi di mattoni che sono
le favelas: paesi abusivi giganti nella metropoli gigante, nati in seguito alla
fuga di schiavi che trovavano rifugio tra le montagne. Paesi che si sono poi
ingigantiti sino a diventare vere e proprie comunità senza leggi e senza
controllo. Non so dire molto al momento a riguardo, se non che fa impressione
vedere queste comunità nettamente distinte, queste esplosioni di mattoni
colorati, tra i quali non riesci a scorgere strade, esplodere sulle montagne
alle cui pendici, a distanza di un attraversamento di strada a volte, sorgono
poi residenze di lusso. Alcune favelas adesso stanno migliorando, le persone
che lavorano spesso scelgono di rimanere a viverci e di migliorare quelle case
se pur abusive. Altre addirittura godono di viste mozzafiato tali che
cominciano ad essere posti ricercati da ricchi internazionali, spesso artisti,
che comprano case per risistemarle. Altre ancora rimango non luoghi chiusi
all’esterno e all’interno. Non so bene, riporto racconti, quanto sentito dire,
ho visto e sentito ancora poco e poco sono informata a riguardo.
È tutto molto diverso ma stranamente non mi sento così estraniata,
anzi. Mi piace assai. E ringrazio tre preziosi compagni di viaggio che in
questi giorni mi hanno aiutata a farmi sentire molto meno estraniata e persa
nella grandezza della città e nell’impatto col nuovo mondo, lavorativo e non.
Rio è gigante, molto difficile muoversi, molto molto traffico, distanze
enormi, si può stare ore sui mezzi pubblici, un po’ come Roma insomma! Peccato
che ci siano 4 milioni di abitanti in più! Una sorpresa è stata il cosiddetto
centro molto più “occidentale” di quanto pensassi.
Pieno di grattacieli,
stradoni, uffici – alle 7 di sera pare che si svuoti diventando una vera e
propria città fantasma – fa pensare ad un mix di città europee, al tempo stesso
poi tra i grattacieli ed i palazzoni trovi angoli che nel mio banale immaginario
fanno molto “sudamerica”: casette basse, colorate, caos, mercati coloratissimi.
Sono stata in centro a fare il vaccino per la febbre gialla, gratuito
per tutti stranieri inclusi, un’oretta di coda e via con tanto di certificato,
per 10 anni non sarà questa la mia morte.
Inaspettato invece il costo della vita, prezzi molto alti per tutto,
persino per la frutta che è buonissima e ci sono varietà mai mangiate prima ma
che paghi care. Per il resto, si mangia molto bene, anche se friggono quasi
tutto!
Il tempo non aiuta in questi giorni, stiamo entrando in pieno autunno,
nuvoloso, piove molto, ma fa sempre un gran caldo ed una umidità ancora più
forte si alza nell’aria dopo la pioggia. Ma è divertente camminare sotto la
pioggia, senza ombrello, come se nulla fosse, qua lo fan tutti. Ho camminato
tanto, un po’ di apprensione iniziale, soprattutto quando non sai bene dove ti
trovi, ma in realtà mi sono sempre sentita molto tranquilla. Un po’ di
attenzione non guasta mai, ma al momento camminare ovunque è sempre stato un
piacere. A fine giornata in centro in fila indiana per prendere un autobus, altre
due orette di spostamenti per rientrare in albergo, ma l’autobus attraversa la
città in posti che ancora non ho visto, il sambodromo per esempio, e poi,
d’improvviso, di notte, tra le nuvole, appare in alto illuminato di bianco, il
Cristo che sino ad oggi era rimasto nascosto….fa un certo effetto…
Causa problemi di prenotazione voli rimarrò ancora qualche giorno a
Rio, mi fa piacere avere la possibilità di vedere qualcos’altro, speriamo esca
il sole. Oggi grande passeggiata sulla spiaggia di Barra di Tijuca. Che meraviglia.
Lungo la spiaggia ogni tanto trovi del verde – non so ben dire cosa sia – che è
stato lasciato così per far vedere come erano quelle spiagge prima dell’arrivo
dei colonizzatori. Ti immagini allora tutto questo posto come poteva essere. Un
paradiso terrestre. La laguna, le montagne, i colori, la foresta, i
canali….chissà che impressione deve essere stata sbarcare su queste spiagge.
Metto i piedi nell’Oceano Atlantico che non è affatto freddo oggi. Mi sento
molto fortunata a stare qua. C’è qualcosa di rilassante nell’aria e nelle
persone. Già al secondo giorno, guardo dall’altra parte dell’oceano e penso a
quanto passiamo la nostra vita in pena per un futuro che non conosciamo e a
quanto tante preoccupazioni ci stiano facendo cadere in basso…non so se qua c’è
qualche forma di soluzione, non credo che necessariamente dobbiamo trovare la
cura ai nostri mali, ma sicuramente vedere e pensare ad altri modi di essere
può forse aiutarci a scovare nuove prospettive, nuove priorità. Ad oggi per
esempio la famosa idea del baretto sulla spiaggia non mi sembra affatto male…ma
sono solo prime impressioni.
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