giovedì 28 marzo 2013

Rio de Janeiro - Le mie prime 13 ore di volo – Prime impressioni


Pronti partenza e via. Dopo quasi due mesi di attesa e problemi con il visto lavorativo, si parte per il Brasile. Tanta inutile burocrazia per ottenere un visto mi fa pensare sempre a quanto sarebbe bello un mondo senza frontiere. Prima ancora di quelle burocratiche sono forse quelle mentali che dobbiamo eliminare.
Comunque, preparo la valigia per tre mesi in Brasile in un giorno di neve torinese e non è affatto facile pensare al clima caldo umido che mi aspetta a Rio de Janeiro ma anche negli altri posti in cui andrò per lavoro: Corumbà - regione del Mato Groso du Sul, al confine con la Bolivia – Cruzeiro do Sul - stato dell’Acre, al confine col Perù – Brasilia… Guardo un po’ su internet per farmi un’idea, ma ancora non è facile sotto la neve pensare al caldo e difatti, col senno di poi, nella mia valigia ci sono troppi inutili maglioncini di mezza stagione e magliette a maniche lunghe che non userò mai e che avrei dovuto/potuto rimpiazzare con vestiti estivi e leggeri, gli unici che realmente utilizzerò.
Così come è stato difficile immaginare il meteo è stato difficile immaginare Rio de Janeiro. Persino le foto che avevo visto, le letture, non rendono bene l’idea, l’atmosfera di questo posto. 
Dopo 12 scomodissime e rumorosissime ore di viaggio in classe economy, durante le quali le mie gambe e la mia schiena stavano per entrare in sciopero – la classe economy decisamente non è pensata per chi è tanto alto – finalmente arrivo in Brasile. 
Nell’ultima ora di volo comincio ad intravedere dal finestrino la terra.
Vedo verde, tanto verde, di un verde diverso che ancora mancava alla mia gamma dei verdi. Vedo colline e montagne ed il letto di un fiume ben marrone che si snoda in ampie anse infilandosi tra questo verde non verde. Che emozione. Dopo le prime tredici ore di volo della mia vita, arrivo - per la prima volta nella mia vita - nel nuovo mondo.
Appena scendo dall’aereo la prima sensazione è di soffocare. Caldo sì, ma soprattutto umidità, ci vuole un momento per abituarsi, poi la stagione di pioggia, il cielo grigio, non aiutano.
Il tragitto dall’aeroporto all’albergo: una mezz’ora di attraversamento della città in cui si afferma quella percezione di un verde diverso che si declina nelle mille colorazioni di quella che per me è una vera e propria giungla con piante ed alberi mai visti. Tragitto in cui ho pensato e ripensato a tutte le cose che ho letto, sentito dire, visto, immaginato di Rio e cerco con lo sguardo rivolto a tutto ciò che vedo, di ritrovarle al volo…cerco il Cristo, ma la giornata nuvolosa non aiuta, cerco una montagna che assomigli ad un panettone, il Pão de Açúcar, cerco di capire così a colpo d’occhio com’è fatta questa città lagunare, con le montagne sul mare, cerco le favelas e subito appena si esce dall’aeroporto c’è quella che mi dicono essere la più grande di Rio, infine cerco il mare, l’Oceano e dopo un po’ arriva…

Andare in un posto per lavoro ti aiuta a fare e a vedere cose che per vacanza non vedresti, ti aiuta a rapportarti alle persone ed alle situazioni di un luogo in una maniera diversa. Il mio primo giorno ad esempio è iniziato con pratiche burocratiche da risolvere che mi hanno immediatamente calato nel quotidiano brasiliano. Subito ho notato l’incredibile gentilezza e disponibilità un po’ di tutti, anche quando provi a parlare un improbabile portoghese. Gentilezza, disponibilità da un lato e anche estrema lentezza, che all’inizio, per noi, abituati ad uno stile di vita rapido e sempre di fretta, è veramente difficile da accettare e da capire. Parlando anche un po’ con brasiliani e non, ascoltando un po’ di storie mi è parso di intuire che qui le persone vivono la vita in modi che forse noi d’oltreoceano non riusciamo bene ad immaginare, così calati nella nostra fretta, nella nostra quotidianità, nelle nostre preoccupazioni. Qui c’è molto meno pensiero per il futuro e si vive molto di più il presente, questo mi è parso di capire e mi è piaciuto. Viviamo la nostra vita continuamente protesi nella costruzione di un futuro, ci parlano del futuro sin da quando siamo bambini, bisogna costruire il futuro e ci ritroviamo da grandi con qualcosa che forse ci è sfuggito e con l’apprensione per un futuro che non sembra essere mai come lo vorremmo. Pensare ad un mondo che vive il presente senza troppo porsi il problema del futuro è rivoluzionario e lascia spazio a miriadi di riflessioni, specialmente in questo momento storico, politico e culturale che sta vivendo la vecchia Europa.

Paesaggisticamente Rio è incredibile, una laguna, con delle montagne dalle forme più improbabili che spuntano dal mare, con una natura in parte selvaggia, dai colori tropicali, dalla presenza maestosa ma in parte anche addomesticata da grattacieli, da case colorate e da ammassi di mattoni che sono le favelas: paesi abusivi giganti nella metropoli gigante, nati in seguito alla fuga di schiavi che trovavano rifugio tra le montagne. Paesi che si sono poi ingigantiti sino a diventare vere e proprie comunità senza leggi e senza controllo. Non so dire molto al momento a riguardo, se non che fa impressione vedere queste comunità nettamente distinte, queste esplosioni di mattoni colorati, tra i quali non riesci a scorgere strade, esplodere sulle montagne alle cui pendici, a distanza di un attraversamento di strada a volte, sorgono poi residenze di lusso. Alcune favelas adesso stanno migliorando, le persone che lavorano spesso scelgono di rimanere a viverci e di migliorare quelle case se pur abusive. Altre addirittura godono di viste mozzafiato tali che cominciano ad essere posti ricercati da ricchi internazionali, spesso artisti, che comprano case per risistemarle. Altre ancora rimango non luoghi chiusi all’esterno e all’interno. Non so bene, riporto racconti, quanto sentito dire, ho visto e sentito ancora poco e poco sono informata a riguardo.
È tutto molto diverso ma stranamente non mi sento così estraniata, anzi. Mi piace assai. E ringrazio tre preziosi compagni di viaggio che in questi giorni mi hanno aiutata a farmi sentire molto meno estraniata e persa nella grandezza della città e nell’impatto col nuovo mondo, lavorativo e non.
Rio è gigante, molto difficile muoversi, molto molto traffico, distanze enormi, si può stare ore sui mezzi pubblici, un po’ come Roma insomma! Peccato che ci siano 4 milioni di abitanti in più! Una sorpresa è stata il cosiddetto centro molto più “occidentale” di quanto pensassi. 

Pieno di grattacieli, stradoni, uffici – alle 7 di sera pare che si svuoti diventando una vera e propria città fantasma – fa pensare ad un mix di città europee, al tempo stesso poi tra i grattacieli ed i palazzoni trovi angoli che nel mio banale immaginario fanno molto “sudamerica”: casette basse, colorate, caos, mercati coloratissimi.

Sono stata in centro a fare il vaccino per la febbre gialla, gratuito per tutti stranieri inclusi, un’oretta di coda e via con tanto di certificato, per 10 anni non sarà questa la mia morte.
Inaspettato invece il costo della vita, prezzi molto alti per tutto, persino per la frutta che è buonissima e ci sono varietà mai mangiate prima ma che paghi care. Per il resto, si mangia molto bene, anche se friggono quasi tutto!
Il tempo non aiuta in questi giorni, stiamo entrando in pieno autunno, nuvoloso, piove molto, ma fa sempre un gran caldo ed una umidità ancora più forte si alza nell’aria dopo la pioggia. Ma è divertente camminare sotto la pioggia, senza ombrello, come se nulla fosse, qua lo fan tutti. Ho camminato tanto, un po’ di apprensione iniziale, soprattutto quando non sai bene dove ti trovi, ma in realtà mi sono sempre sentita molto tranquilla. Un po’ di attenzione non guasta mai, ma al momento camminare ovunque è sempre stato un piacere. A fine giornata in centro in fila indiana per prendere un autobus, altre due orette di spostamenti per rientrare in albergo, ma l’autobus attraversa la città in posti che ancora non ho visto, il sambodromo per esempio, e poi, d’improvviso, di notte, tra le nuvole, appare in alto illuminato di bianco, il Cristo che sino ad oggi era rimasto nascosto….fa un certo effetto…
Causa problemi di prenotazione voli rimarrò ancora qualche giorno a Rio, mi fa piacere avere la possibilità di vedere qualcos’altro, speriamo esca il sole. Oggi grande passeggiata sulla spiaggia di Barra di Tijuca. Che meraviglia. 

Lungo la spiaggia ogni tanto trovi del verde – non so ben dire cosa sia – che è stato lasciato così per far vedere come erano quelle spiagge prima dell’arrivo dei colonizzatori. Ti immagini allora tutto questo posto come poteva essere. Un paradiso terrestre. La laguna, le montagne, i colori, la foresta, i canali….chissà che impressione deve essere stata sbarcare su queste spiagge. Metto i piedi nell’Oceano Atlantico che non è affatto freddo oggi. Mi sento molto fortunata a stare qua. C’è qualcosa di rilassante nell’aria e nelle persone. Già al secondo giorno, guardo dall’altra parte dell’oceano e penso a quanto passiamo la nostra vita in pena per un futuro che non conosciamo e a quanto tante preoccupazioni ci stiano facendo cadere in basso…non so se qua c’è qualche forma di soluzione, non credo che necessariamente dobbiamo trovare la cura ai nostri mali, ma sicuramente vedere e pensare ad altri modi di essere può forse aiutarci a scovare nuove prospettive, nuove priorità. Ad oggi per esempio la famosa idea del baretto sulla spiaggia non mi sembra affatto male…ma sono solo prime impressioni.




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