Solo pochi giorni ed eccomi pronta per ripartire, ma confermo la prima
impressione. Qua è tutto grande, è tutto pieno di cose da fare, colori da
vedere, cibi da assaporare, profumi da odorare. Ne ho presi un po’ e me li
porterò dietro, sperando di ritornare presto ed approfondire il tutto. Ho fatto
grandi passeggiate, sulle spiagge soprattutto ma anche in città. Bagnare i
piedi nell’Oceano porta sollievo, alle vescichette da infradito ma anche
all’animo ed ai pensieri che si aprono sull’immensità del mare che c’hai
davanti e che ti fa sognare di grandi avventure, di miti eroici e di terre che
una volta erano. Scopro la bibita più naturale che esista: l’acqua di cocco.
Alla prima impressione non sa di niente, alla seconda – forse il cocco era più
maturo? – è buonissima e dissetante, non troppo dolce, leggermente saporita di
un non so che di esotico. Promossa, assieme a tutti i succhi di frutta fresca
che mi ricordano quanto semplice e buona sia la natura.
La mia pelle non era pronta al sole sub equatoriale. Nonostante
un’esposizione attenta e una protezione totale sono diventata ben fuxia con
chiazze. Un po’ perché non so spalmare bene la crema solare – non me lo hanno
insegnato, quando ero bambina lo faceva la mamma – un po’ perché credo che
l’incrocio della mia pelle bianca bianca e delicata con il sole rosso rosso e
focoso di qua, crei questo colorito che definirei, appunto, fuxia. Nulla di
grave, non sono bruciata.
Il caldo umido invece sembra essere migliorato. Non so se perché è
realmente migliorato o se perché io mi sono un po’ abituata, comunque gli
ultimi due giorni son stati caldi, con sole e pioggia fissa alla sera, ma il tutto ben
sopportabile. Addirittura ho sentito una brezza leggera da “maglioncino a manica
lunga” per dieci minuti di sera (stando ferma a guardare il mare). Il caldo mi
aveva mentalmente proiettata in estate ma il buio alle 18.30 circa mi ha ricordato che
qua stiamo viaggiando verso l’inverno, ora è autunno, e che le giornate vanno
accorciandosi.
Oggi avevo in mente di andare in un posto. Dopo approfondite ricerche
su internet capisco bene dov’è, mappa alla mano, cerco di intuire come
raggiungerlo, accettando mentalmente l’idea di poter prendere un taxi se
necessario. Ancora non mi è chiaro come funzionano i bus in questa città, hai
le fermate, tante vicine tra loro, ma non sempre hai numeri e percorsi dei bus
scritti da qualche parte. Sui bus che stanno arrivando c’è però scritto più o
meno dove portano e per dove passano. Quindi se conosci Rio ed i quartieri puoi
tentare. Ma puoi tentare anche senza conoscere, se hai un po’ di pazienza e sai
dove andare e ti lanci al volo sul primo bus che abbia una scritta utile. Io sono partita con l’idea di avvicinarmi alla meta con il bus per
poi eventualmente prendere un taxi sino a destinazione finale. Una volta
trovato un bus di “avvicinamento” con il ditino puntato sulla mappa ne ho
seguito il percorso. È un bel modo per imparare a conoscere un luogo, salire
sugli autobus in generale. Fanno sempre strade nuove, ti portano in giro e vedi
un sacco di cose. E così è stato.
Avendo così poco tempo a Rio, aver preso un autobus è stato un bel modo per vedere
tante cose che diversamente non avrei visto, inoltre la fortuna ha voluto che così,
al primo colpo, sono salita su un autobus che, alla fine, mi ha lasciata a
destinazione. La sorpresa è stata che devo aver fatto male le mie ricerche su
internet perché la mia meta non era la meta che effettivamente volevo
raggiungere. Una passeggiata e una vista su una baia niente male comunque sono
valse il viaggetto.
Presto però mi rendo conto che l’autobus ha fatto così di
fretta perché oggi è venerdì festivo e tutto il centro, uffici, negozi, locali,
è una vera città fantasma. Proprio come mi avevano detto. Girano poche anime
che non mi fanno sentire tanto tranquilla. Quindi cerco una fermata di bus e
salgo sul primo che mi porti in direzione spiaggia: passeggiata a Copacabana,
dove si è evidentemente riversata la gente che durante la settimana lavora in
centro. L’autobus fa un percorso ancora nuovo e vedo ancora un pezzetto inedito
di questa variegata città. Una particolarità: sugli autobus, per prenotare la
fermata, si tira un filo blu che scorre parallelo al corrimano alto (quello su
cui ci si regge, per intenderci, ma non quello verticale, quello che sta in
alto orizzontale dove le persone più basse non arrivano mai). Quanto mi piace il filo blu!
Dopo passeggiata a Copacabana, bagnetto ai
piedi provati dal tanto camminare e succo di abacaxi (ananas) sulla spiaggia,
rientro sempre con un pullman.
Mentre cerco una fermata rivolgo lo sguardo all'uscita di una galleria che percorre uno dei monti del centro città e il mio sguardo viene catturato dall'ammasso di case che si inerpicano proprio sopra la galleria, deve essere una favela.
Salgo sul bus appena pochi secondi prima dell’usuale
scroscio di pioggia serale e mi diverto a guardare i tipi da spiaggia
camminare, come se nulla fosse, sotto una pioggia torrenziale.
Arrivata in albergo è giunta l’ora
di rifare la valigia, domani si parte. Da Rio prenderò un volo per Sao Paulo,
poi altro volo da Sao Paulo a Campo Grande e poi si prosegue in macchina, per
500 km sino a Corumbà, città di frontiera al confine con la Bolivia, regione
del Mato Grosso do Sul. Corumbà è situata nella più grande zona umida del mondo
il Pantanal, patrimonio Unesco, è considerato l'ecosistema con
il maggior numero di specie di flora e fauna del mondo. Paura per gli
animali che potrei incrociare e per l’umidità a parte, sono molto curiosa.
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