Se prendete una mappa dell'America del Sud e puntate il dito nel centro,
ecco, io è proprio là che mi trovo. Corumbà, cittadina di confine tra il Brasile
e la Bolivia che dista a circa 10 minuti.
Da Rio de Janeiro abbiamo preso un volo interno sino a Sao Paulo. Subito noto come comodità e spazio per le gambe siano nettamente migliori del
volo internazionale che mi ha portato sino in Brasile. A Sao Paulo c’è stato
uno scalo che doveva essere solo uno scalo ma poi è diventato un cambio aereo,
utile per respirare qualche secondo il clima, un po’ meno umido di Rio, del caldissimo
autunno brasiliano. Da Sao Paulo un’altra ora e quaranta minuti di viaggio sino
a Campo Grande. Arrivati in aeroporto ci aspetta un’amica/collega Brasiliana
alla quale non posso negare di lasciarmi offrire una birretta di ben venuto.
Pronti partenza e via, in quattro ben comodi su un pick-up fuoristrada
iniziamo a percorrere quella che penso essere l’unica strada da Campo Grande a
Corumbà, 500 km nel mezzo dell’area naturalistica del Pantanal. Ancora una
volta una gamma di incredibili verdi si mischia con la terra rossa rossa e con
un cielo assolato e delle nuvolette che rendono il tutto molto pittoresco.
Qualche palma qua e là, all’inizio il paesaggio è pianeggiante poi compaiono a tratti delle montagnette rocciose. Molte foreste. L’autista ci spiega che
quella è un zona di produzione di legna, ci indica una foresta gigante
cresciuta in soli 4 anni.
Poi scorgiamo delle montagnette di terra rossa alte
più o meno sino ad un ginocchio, qualcuna anche più alta di una mucca che le
pascolava accanto. Sono formicai o termitai, mai vista una cosa del genere, ce
ne sono decine e decine nei campi che attraversiamo.
Il paesaggio a tratti, nel mio banale immaginario, mi fa un po’ pensare alla savana che non ho mai visto ma che appunto immagino un po’ così come i paesaggi che mi scorrevano davanti al finestrino.
Il paesaggio a tratti, nel mio banale immaginario, mi fa un po’ pensare alla savana che non ho mai visto ma che appunto immagino un po’ così come i paesaggi che mi scorrevano davanti al finestrino.
Sosta. Mangiamo un pane al queijo (formaggio) e nel frattempo sfogliamo
un libretto che elenca alcune delle specie animali presenti nella zona:
coccodrilli – o alligatori? Quanta ignoranza mi accorgo di avere sugli animali
- uccelli di mille specie e colori diversi, capivara – che assieme al
coccodrillo pare sia una delle carni mangiate in zona – ed il formichiere di
cui io m’ero dimenticata l’esistenza e che mi ha riportato all’infanzia, quando
sfogliavo delle carte con i nomi degli animali e guardavo incuriosita questo
“coso” dal muso lungo che infilava nei formicai. In effetti con dei formicai
tanto grandi non poteva non esserci un formichiere in zona.
Ripartiamo. Che colori, che paesaggi, vediamo degli strani uccelli,
tipo struzzi. Mi sembra incredibile, guardare scorrere questo cielo, questa
natura inimmaginata dal finestrino della macchina, con di sottofondo una
colonna sonora pop occidentale un pò antica– U2, Police, Madonna, ad un certo punto
addirittura i 4 Non Blondes e i Pet Shop Boys - che stona ma allo stesso tempo
si accorda in qualche modo con tutto il resto. Forse perché quando uno è
sereno, poi tutto s’accorda. Mi sento molto fortunata a vedere tutto questo,
cerco di fare tante foto per poterne condividere almeno un po’. Seconda sosta
all’ultimo punto di ristoro sulla strada prima di affrontare 160 km di nulla.
Ripartiamo e quasi subito sul lato della strada vedo un alligatore -
jacarés in portoghese credo quindi si tratti di alligatori quelli che ci sono
in zona e non coccodrilli – probabilmente morto dopo essere stato investito nel
tentativo di attraversare la strada. Noi abbiamo i gatti, i cani, le volpi
tuttalpiù, qua ci sono gli alligatori e, poco dopo, un formichiere!! Lo
riconosco subito dal musone lungo spappolato sull’asfalto. Ancora abbiamo
incontrato una tarantola, viva, che attraversava la strada. Ma questa io non
l’ho vista.
Animali investiti a parte sembra quasi un esercizio di rilassamento
questo viaggio, è così piacevole abbandonarsi alla musica, al paesaggio, ai
pensieri, all’andamento della macchina. Un tramonto mozzafiato accompagna il tutto.
Ad un certo punto, l’autista accosta, vicino ad un corso d’acqua, siamo
praticamente su un ponte. Non capisco bene, finché non scorgo dal finestrino
una marea di “jacarés” nel fiume sottostante.
L’autista apre la porta – ed io subito dietro a lui – per scendere a
vedere. Maledetta curiosità. Non appena apriamo le portiere una nuvola nera di
zanzare invade la macchina. Richiudiamo subito ma a quel punto il danno era
fatto, allora, ancora più incoscienti, tutti insieme decidiamo di scendere, che
sarà mai. Avvolta in una nuvola di zanzare, scatto persino una foto agli
alligatori, poi mi giro e vedo le schiene dei miei compagni di viaggio
totalmente ricoperte di zanzare, confesso che a quel punto mi sono spaventata.
Ci rendiamo conto che sono effettivamente troppe e corriamo a rifugiarci in
macchina. Ma ormai il danno è fatto, oltre ad essere stata divorata dalle zanzare,
specialmente su collo, braccia e gambe, la macchina è stracolma.
Dopo un
momento di panico, capisco che l’unico modo per sopravvivere e non morire di
crisi isterica in una macchina al centro dell’America latina, è di mantenere la calma. Bevo un po’
d’acqua (per buttare giù quelle indigeste zanzare che avevo in gola), mi bagno
un po’ la fronte chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi. Credo di aver in
qualche modo fatto meditazione. Ho pensato che andava tutto bene, che non
dovevo grattarmi, ho pensato che non avevo punture. Nel frattempo però la
miriade di zanzare in macchina infastidiva il mio tentativo di rilassamento,
quindi è cominciata una vera e propria guerra 4 esseri umani – di cui i due
brasiliani con pochissime punture a confronto! – contro miriadi di insetti.
Dopo circa 1 ora e mezza di viaggio e qualche punturina in più, - che a quel punto non faceva la differenza - abbiamo vinto
noi. Io ho continuato a cercare in me stessa calma e rilassamento, nonostante
un po’ di paura per il gonfiore che però è andato via subito. Sono stata
contenta di essermi vaccinata per la febbre gialla! Ritorna la calma, e tante
risate che, devo dire, in perfetto stile Brasiliano, non sono mai mancate,
neanche quando stavamo all’aperto avvolti da una nube di zanzare!
Un particolare: spettatori di tutta questa scena oltre a noi quattro,
gli alligatori e le zanzare, sono stati un signore di una certa età brasiliano,
comodamente seduto su una sedia a bordo strada, avvolto, impassibile dalle
zanzare, assieme al suo cane sonnacchioso, che vegliavano sulla strada dall’uscio
di una baracchetta. Ora mi domando se me lo sono immaginata o se era effettivamente un essere umano vivo.
Arriviamo a Corumbà che ormai è buio, vedo spuntare da una collina un
cristo tipo quello di Rio. Attraversiamo
strade male asfaltate, case basse, macchine vecchie, baretti e spacci
coloratissimi, che nel mio soltio immaginario fanno molto Messico.
Arriviamo in un albergo d'altri tempi, una doccia al volo,
crema per alleviare le punture, repellente antizanzare su tutto il corpo e via.
Una giornata così si può concludere solo facendosi due risate davanti ad una
birretta con amici e colleghi. Pronti per cominciare a lavorare.