venerdì 24 febbraio 2012

In tema, un piccolo riciclo: GENERAZIONE X _ I GIOVANI NEL 2011

Non è facile. Vivere in una società che certi giorni sembra rifiutarti, non considerarti, non volerti.
Disperatamente alla ricerca di un futuro che delle volte sembra non esserci concesso. In un presente del quale non si trova bene il senso. Forse è il passato il colpevole.
Noi giovani d’oggi siamo una generazione al confine tra il vecchio ed il nuovo, viviamo in questa condizione liminare tra una tradizione ormai non più vivibile, non più accettabile, né tanto meno ancora ricercabile ed una innovazione che stenta ad affermarsi, che non è ancora accettata. Un piede indietro, un piede in avanti con tante paure, preoccupazioni, pochi sogni, poca voglia di svegliarsi e realizzarli.

Dicono che non abbiamo valore. Che non siamo forti. Eppure siamo capaci di lavorare 14 ore al giorno, per giorni, per pochi euro. Siamo in molti capaci di lottare, anche l’uno contro l’altro, per salire di poco più sopra della media. Siamo molto forti ma non in grado di usare questa forza per unirci, per ribellarci ad una società che non ci dà futuro, per affrontare ma soprattutto per cambiare una società che non ci piace. Ci manca qualcosa evidentemente.
Forse non si può definire valore la capacità di resistere al dolore se manca la capacità di sapersi ribellare ad esso. Siamo quindi una generazione di inetti, resistenti inetti che persistono ad inseguire il destino, che persistono a leggere gli oroscopi sperando in un cambiamento che li riporti in vita. Ma senza la capacità di rischiare, di unirsi, di lottare per cambiare le cose, per primi.

Una generazione da mille euro al mese. Spesso una laurea in mano e mille euro sembrano tanti, anche con un contratto a progetto, quando le alternative sono disoccupazione o stage a vita. Poi ci si guarda attorno e si vede un mondo del lavoro in cui procede chi ha un amico giusto, chi ha le labbra giuste o i santi nel paradiso giusto. Chi non ha nulla deve avere fortuna, cosciente dei limiti, cosciente che non si può andare troppo oltre. Il paradiso può essere spartito tra pochi, ed i pochi nulla tenenti che ci arrivano lottano tra loro come cani per tenere il posto assicurato.

Siamo tutti di sinistra ma non sappiamo più cosa voglia dire. Pensare alla politica è diventato sport, una questione calcistica da risolversi con un tifo imbarazzante ed incerto. Essere preparati, colti ma senza il cervello per addestrare quella cultura, per riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Pensiamo tutti di essere diversi, lo pensiamo a volte ma non lo dimostriamo mai, non siamo capaci di dimostrare e di concretizzare ciò che diciamo, ciò in cui crediamo. Se crediamo. Non sappiamo dove stiamo andando e seguiamo la massa, senza affacciarci, senza sapere, né tanto meno curiosare.
Abbiamo degli ideali ma siamo pronti a rinunciarci quotidianamente, perchè è molto più facile vivere senza ideali, oppure con degli ideali che si è pronti ad abbandonare per i propri interessi. Perchè in una condizione precaria, con un futuro incerto è ai propri interessi che si guarda. Se poi in mezzo c’è spazio per gli altri allora se proprio si deve si fa anche un piccolo gesto.

Stiamo costruendo questo mondo nell’egoismo, nella stanchezza, nell’indifferenza. Persino gli ideali delle volte sono troppo pesanti per essere trasportati. Capita che facciamo figli, o che li sogniamo, ma che mondo gli stiamo lasciando, gli vogliamo lasciare?

Di ideali non si mangia. E si muore. Eppure non sembra esserci più nessuno disposto a morire per i propri ideali. Sarebbe un coglione, non più un eroe. Gli ideali sono carta straccia. I nuovi valori sono il denaro, il lavoro, perchè ce n’è poco e chi lo ottiene allora ha raggiunto qualcosa. Il fine giustifica i mezzi. Perchè ai mezzi non si guarda più. E raggiunto il fine ci si dimentica del percorso se i mezzi per raggiungerlo sono stati leciti. Raro ma accade.
Ci si dimentica di tutto facilmente. Non abbiamo memoria, non solo storica. Non abbiamo memoria di quanto è accaduto ieri. Vicino a noi.

È forse una selezione naturale.

Schiavi. Ecco cosa siamo. Schiavi della società, schiavi di noi stessi. Schiavi che si fanno la guerra tra loro, che si scannano per la ciotola di riso apparentemente più vantaggiosa. Oggi mangia qualcuno domani mangerà qualcun altro.

Una sintesi:
In un posto in cui lavoravo, una sera, in chiusura di giornata, passa un signore anonimo, dai capelli bianchi, spazzolati come un vecchio Albert Einstein.
Prende in mano una cartolina con su scritto “spiritualità”.
Mi dice: “ Spiritualità. Ma cosa parliamo di spiritualità quando non riusciamo neanche ad essere UMANI.”

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