Parole.
Ne cerco il senso, anzi, cerco di dare un senso e subito mi perdo tra simboli presenti solo nella realtà dell’anima mia. Mi domando cosa sia giusto fare come sia giusto scrivere e quanto sia bello e necessario lasciarsi trasportare dai sensi e dal sentimento, nonché dal suono. In quante parti bisogna dividersi per riuscire ad esprimere, e come poi bisogna ricomporre l’unità. Mi domando. Quanto sia necessario inseguire delle regole, imporsele, e quanto poter essere liberi di violarle, coscientemente, ed essere capaci di andare oltre con classe ed eleganza. Mi domando. Chi può giudicare la bellezza, se esiste la bellezza o se sia solo sentimento e perchè dovrei preoccuparmi allora della bellezza, della forma, dello stile, se alla fine ciò che conta è creare reazioni. Ma quali sono le reazioni giuste, quelle che fanno ricordare, quelle che fanno sbalordire, quelle che fanno sentire e basta, quelle che fanno pensare, quelle che non sembrano reazioni, quelle che potrebbero essere ma non sono. E le relazioni poi, mi domando.
Sono la prima a cadere nell’oscurità delle parole, come un infame sortilegio che non riesco a domare, sono io ad essere domata da esso. Non riesco a fare a meno del nascondermi dietro figure impressionistiche che apparentemente eliminando il senso, donano proprio lo stesso senso alle parole che altrimenti non so che forma potrebbero assumere. Che contorsione e che emozione il pensiero di poter incastrare così tante lettere in un prestabilito ordine imprevedibile. Ma sarò io capace di farlo?! Ed in che modo?! La scrittura di coscienza è forse fin troppo semplice, è quella scrittura che altro non deve fare se non seguire il ritmo del cuore ed alla quale si può perdonare incostanza e peregrinazione. Ma poi la comprensione altrui quanto deve essere importante, come deve essere agevolata od ostacolata. E’ eccitante il pensiero di poter dominare l’ordine delle parole, allo stesso tempo spaventa il paradosso, l’incontrollabilità del controllo, in cui mente, cuore e corpo si fondono per dar vita. E’ vita quella che prende forma e dunque perchè alla fine porsi così tante domande e non lasciarsi solo trasportare dal ritmo del cuore che batte, perchè non ignorare il giudizio....ma allora per chi scrivo, per cosa, per quale ragione o meglio, per quale emozione.
Scrivo per me perchè libero le pulsazioni del cuore in una forma che nulla ha di deciso nel momento in cui tutto fluttua senza alcun controllo. E’ troppo bello.
Scrivo per esprimere fluttuazioni invisibili alle quali il cervello spreme una forma assolutamente improbabile, non può che uscirne un rebus continuo, non può che volare oltre la comprensione. Ma dovrei poi forse evitare ridondanze, scorrettezze, errori volutamente cercati per me o per altri?! A chi devo render conto e fare favori?
E’ il desiderio di far leggere ad altri che ancora non so quanto m’appartenga e quanto sia giusto trasformare in obbligo una forma che per ora scorre seguendo unicamente il flusso delle vene. E’ forse un adagio, ancora un lusso potersi perdere nell’incantesimo delle parole senza scadenza, senza forma, senza tentativi. Ho ancora la possibilità di lasciarmi rapire da un incosciente flusso di coscienza, senza alcun legame. E’ ancora tutto così facile. Perchè privarmene?
Una musica dolce.
E la mano che si lascia trascinare dai battiti del cuore.
E la sensazione che non sto in questo mondo a quest’ora ma che possa volare ed andare dove mi pare.
Basta un soffio di vento, il vento delle parole che può trascinarmi ovunque. Abbiamo una magia segreta noi esseri umani, ed ancora che cerchiamo il segreto del successo. Possono e riescono ad incastrarci nei modi peggiori eppure conserveremo sempre le parole. Possiamo allora scappare, andare in qualsiasi paese, in qualsiasi mondo, in qualsiasi epoca, possiamo essere chiunque ed ovunque allo stesso momento ed in tempi differenziati. Abbiamo la fantasia, con i sogni possiamo metterla in moto, con le parole esprimerla. Vivo e sopravvivo ma le parole non mancano mai di fornir legna al fuoco che arde nel mio petto.
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